IDS2014

I costumi molisani, entrarono nella “moda” del mondo contadino a partire dal XVI secolo per influenza degli Spagnoli, ma non sembrano ad essi estranee influenze di bulgari, slavi ed albanesi, popoli che nel corso dei secoli hanno visto stanziate in alcune zone del Molise delle loro colonie. Sotto gli Aragonesi si diffusero nuove fogge di vestire che, abbandonata la tunica usata nei molti secoli precedenti, prediligevano per le donne l’ampia gonna con stretto corpetto allacciato davanti e la camicia larga con maniche a sbuffo. Le caratteristiche fondamentali dei costumi molisani rimasero inalterate per i tre secoli successivi, fino al loro progressivo abbandono a partire dagli inizi del XX secolo. I gusti dell’alta nobiltà aragonese influenzarono anche le fogge del mondo contadino molisano, con i prevedibili adattamenti dovuti sia alla carenza di tessuti, sia alle scarsissime disponibilità economiche che limitavano eventuali rifornimenti in mercati lontani, sia infine alle esigenze lavorative che richiedevano indumenti pratici. La ricchezza di ornamenti ed accessori devono la loro origine soprattutto al secolo XVIII a partire dall’inizio della dominazione borbonica nel regno di Napoli; in quell’epoca cominciarono a sorgere anche fabbriche locali di tessuti pregiati e di guarnizioni, delle quali quella di S. Leucio riforniva il Molise di buoni prodotti molto più facilmente che nel secolo precedente.Furono proprio gli accessori e le decorazioni a determinare le distinzioni da zona a zona ed a segnare le peculiarità dei costumi, ad evidenziare i “messaggi” ed i simboli, a dare significati riferiti allo status. Per la donna veniva inequivocabilmente rimarcato lo status di nubile rispetto alla donna maritata e, ancora più visibilmente, rispetto alla vedova. L’abbigliamento nuziale raggiunge il massimo della ricchezza di accessori, guarnizioni, gioielli, la vedova elimina invece ogni decorazione e bandisce i colori.Nel costume femminile il capo fondamentale è la gonna (vunnèlla), scura, molto ampia, arricciata in vita o plissettata “ad organetto”, liscia davanti in modo da ricevere agevolmente il grembiule. Il corpetto, stretto e preferibilmente allacciato davanti, può essere sia unito sia più comunemente staccato dalla gonna, realizzato in modo da stringere la vita e tenere ben sollevato il seno, con la stessa funzione del busto. Il grembiule (zinale), nato per fini pratici, finì con il diventare un complemento essenziale, di valenza non solo decorativa ma anche fortemente simbolica: il grembiule è protezione: donato allo sposo, è simbolo di possesso esclusivo da parte di quest’ultimo. Il copricapo di panno (mappa) è anch’esso fortemente caratterizzato sia nella forma che nelle decorazioni, adatto ad evidenziare e valorizzare il viso, arricchito di spilloni in metallo prezioso talora di dimensioni gigantesca; generalmente il copricapo è una prerogativa delle donne maritate, non usato nei giorni feriali. Altro capo, non strettamente funzionale e per questo non presente in alcuni costumi, è il fazzoletto da collo (scolla), bianca o di colore chiaro (nero o scuro per le vedove), ricamata spesso in rosso con frasi d’amore. Il significato simbolico investe anche i gioielli (di oro, argento, corallo) indossati numerosi il giorno delle nozze e nelle feste importanti. ( testi dal sito web della provincia di Campobasso ).
Uscendo dalla città di Venafro lungo la Strada statale 85 Venafrana direzione Isernia, su un’estesa zona pianeggiante (70.000 m²) si trova il cimitero di guerra francese, nel quale sono sepolti circa 6000 tombe di soldati del Corps Expeditionnaire Français (ma molte sono state esumate), di cui circa due terzi di origine marocchina, algerina e tunisina, oltre ad alcuni africani (senegalesi?), caduti in gran parte durante la battaglia di Cassino (nov.1943-mag.1944) e nell’aggiramento di Montecassino. Qui sono state traslate le sepolture di Miano. Per essi è stato eretto un monumento che richiama esplicitamente i minareti nord-africani, decorato con piastrelle di ceramica azzurre, che risaltano sul bianco calce delle mura, e con alcune iscrizioni. Al suo interno vi sono alcune tombe, di cui una al milite ignoto musulmano, e tre dedicate a militi con nome, uno Tunisino, uno Algerino, uno Marocchino. Tutte le tombe sono disposte sull’asse Nord-Est Sud-Ovest, con le lapidi rivolte a Nord-Est, ad eccezione di alcune tombe, poste dietro il minareto, di soldati ebrei (riconoscibili dalla stella a sei punte sulla lapide) e animisti (che sulla lapide hanno un “agnostico” sole stilizzato). Questa disposizione delle tombe suggerisce la possibilità che i caduti musulmani, qualora siano stati disposti sul fianco destro, abbiano il volto rivolto verso la Mecca. Su ciascuna lapide è riportato il nome (se noto) e la dicitura (in francese) “Mort pour la France” (morto per la Francia). È da notare che anche fra le tombe cristiane sono riconoscibili nomi arabi e africani.
Fornelli è un comune italiano di 1.952 abitanti della provincia di Isernia in Molise.
Il centro storico si è sviluppato intorno al palazzo marchesale, che insieme alla chiesa, costituisce il primo nucleo del paese. Successivamente sono state costruite le mura con le sette torri di difesa e il camminamento di Si tratta di una delle cinte murarie medievali meglio conservate di tutto il Molise.Giace in parte su una collina lambita dal torrente Vandra, che confluisce nel Volturno, e in parte sul monte Cervaro, ove supera i 1000 metri.
Pietrabbondante è un comune italiano di 774 abitanti della provincia di Isernia in Molise. Fino al 1807, per circa 600 anni, è sempre stato parte integrante del Giustizierato d’Abruzzo e dell’Abruzzo Citeriore.
Si trova nell’Alto Molise, a 1027 m s.l.m. incastonato fra enormi massi detti “Morge” ai piedi del monte Caraceno (1250 m s.l.m.). Il territorio del comune risulta compreso tra i 354 e i 1.215 metri sul livello del mare. L’escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 861 metri. Tutto il centro storico merita una visita, di tipologia insediativa medievale, venne edificato con l’utilizzo di pietre e massi provenienti dal vicino sito archeologico. vi si trovano: La chiesa di Santa Maria Assunta che presenta frammenti di lapidi osche. Bovianum Vetus, Il vero tesoro di Pietrabbondante costituito dal complesso ellenistico-italico sito in località Calcatello. Vi si trovano due templi ed un teatro, con sedili in pietra dalla caratteristica forma anatomica, utilizzato come luogo di riunione. Nel periodo estivo vi si svolgono importanti manifestazioni teatrali classiche.
Pompei, in latino Pompeii, ha origini antiche quanto quelle di Roma: una migrazione di abitanti dalla Valle del Sarno, discendenti dai mitici Pelasgi, formò un primitivo insediamento ai piedi del Vesuvio: forse non un abitato vero e proprio, più probabilmente un piccolo agglomerato posto all’incrocio di tre importanti strade, ricalcate in epoca storica dalle vie provenienti da Cuma, Nola, Stabia e da Nocera.
Nell’estate del 79 d.C. (primo anno di regno dell’imperatore Tito, cfr. Cassio Dione V) Pompei fu sommersa da una pioggia di cenere e lapilli (e non lava, come spesso viene riportato) che, salvo un intervallo di alcune ore, cadde ininterrotta fino a formare uno strato di oltre tre metri. Al momento dell’eruzione molti edifici erano in fase di ricostruzione a causa di un sisma verificatosi pochi giorni prima, e non per quello del 62 – come precedentemente creduto -, i cui danni erano già stati completamente riparati. La data di questa eruzione ci è nota in base a una lettera di Plinio il giovane e dovrebbe corrispondere al 24 agosto. Tuttavia non tutti gli studiosi concordano, anche perché di questa lettera non esiste l’originale, ma ci sono solamente trascrizioni successive. In alcune si parla del nono giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 24 di ottobre. Altri indizi vengono dal ritrovamento di frutta secca, come noci e fichi, oppure di sorbe, frutto tipico autunnale, ma la prova forse più importante è il ritrovamento di una moneta d’argento che riporta la scritta IMPXV, ovvero la quindicesima acclamazione di Tito a imperatore, che avvenne l’8 settembre del 79 d.C. Nella cenere solidificata furono ritrovate delle cavità; queste, riempite con colate di gesso o di altro materiale, hanno poi formato i calchi delle vittime dell’eruzione. Nel 1997 l’UNESCO ha dichiarato Pompei “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”. Il Comitato ha deciso di promuovere l’area considerando che gli straordinari reperti delle città di Pompei, Ercolano e delle città limitrofe, sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., costituiscono la testimonianza unica di una struttura sociale conservata pressoché intatta per due millenni. ( testi e descrizioni dei comuni e di Pompei da Wikipedia )