IDS2013

Nei pressi di Venafro (IS) si trova il cimitero di guerra francese, nel quale sono sepolti circa 7000 soldati francesi, marocchini, algerini e tunisini, oltre ad alcuni africani non meglio identificati, caduti in gran parte durante la battaglia di Cassino (nov. 1943-mag. 1944). Per essi sono stati eretti due monumenti, una cappella opera di Andrè Chatelin, Gran Premio di Roma, ed un minareto, decorato con piastrelle ceramiche azzurre, che risaltano sul bianco calce delle mura, e con alcune iscrizioni. Al suo interno vi sono alcune tombe, di cui una al milite ignoto musulmano, e tre dedicate a militi con nome, uno Tunisino, uno Algerino, uno Marocchino. Nel cimitero le file delle tombe sono tagliate in due da un viale, al centro del quale vi è un altare con due iscrizioni; alla fine del viale vi è appunto il minareto racchiuso in un recinto quadrato. Tutte le tombe sono disposte approssimativamente secondo l’asse Nord-Est Sud-Ovest, con le lapidi rivolte a Nord-Est, ad eccezione di alcune tombe, poste dietro il minareto, di soldati ebrei (riconoscibili dalla stella a sei punte sulla lapide) e animisti (sulla lapide hanno un ‘agnostico’ sole stilizzato). Questa disposizione delle tombe suggerisce la possibilità che i caduti musulmani, qualora siano stati disposti sul fianco destro, abbiano il volto rivolto a Sud-Est, cioè pressappoco in direzione della Mecca, secondo la prescrizione della legge islamica; ma non possiamo sapere in che posizione siano stati effettivamente sepolti. Le tombe musulmane (con la mezzaluna sulla lapide) vengono, nell’ordine, dopo quelle cristiane (con la croce), e cioè più vicine al minareto. Vi sono inoltre delle tombe di ufficiali musulmani all’interno del recinto. Su ciascuna lapide è riportato il nome (se noto) e la dicitura “morto per la Francia”. E’ da notare che anche fra le tombe cristiane sono riconoscibili nomi arabi e africani.
Presso Castelpetroso sorge il Santuario di Maria Santissima Addolorata, patrona del Molise. Secondo la testimonianza delle veggenti, la Vergine Maria apparve la prima volta il 22 marzo 1888 a due pastorelle di nome Serafina e Bibiana in località Cesa tra Santi, sulle pendici del Monte Patalecchia. A questa prima apparizione ne seguirono altre. Tale fenomeno fu in seguito riconosciuto.Il santuario, iniziato con la posa della prima pietra avvenuta il 28 settembre 1890 e completato nel 1975 è realizzato in stile neogotico; visto dall’alto questo è composto da sette cappelle che rappresentano i sette dolori della Madonna, al centro delle quali c’è la cupola alta 54 metri.Il santuario e il luogo delle apparizioni sono collegati tra loro dalla Via Matris, lunga 750 metri, dove vengono appunto ricordati i sette dolori mariani.

La fascia di territorio compresa tra i comuni di Castelpetroso e Macchiagodena è caratterizzata dalla presenza di due nuclei abitati che compongono un’unica realtà comunale: quello del comune capoluogo, appunto, Santa Maria del Molise, e quello della circoscrizione di Sant’Angelo in Grotte. I due centri raccolgono una popolazione totale di 747 abitanti e sono frutto di un’evoluzione storica e insediativa che ha condizionato l’intera zona nel corso dei secoli. Oggi i due centri mantengono tra di loro sostanziali differenze che vanno da quelle ambientali a quelle più strettamente “urbanistiche”. L’abitato di Santa Maria è lambito dalla statale 17 e si è formato su di un pendio naturale. E’ posto a 632 metri di altezza sul livello del mare, in una zona ricca d’acqua e favorevole climaticamente alla coltivazione della vite.

Sant’Angelo in Grotte invece sorge su di un cocuzzolo (980 m. s.l.m.) che domina dall’altro il sottostante abitato ed offre una nitida visuale della pianura di Bojano; il suo territorio è caratterizzato, tra le altre cose, da un bosco ad alto fusto di 400 ettari, solcato dal torrente Rio Paradiso, accessibile con una strada di valorizzazione turistica realizzata dalla Comunità Montana Matese. Gli spazi liberi da vegetazione in questo punto del comune erano sfruttati in passato come pascoli.

Carpinone giace su una collina circondata da monti di varia altezza.Il terreno è formato per lo più di sabbia quarzosa calcarea sopra basi argillose. Il fiume Carpino scorre tutt’intorno formando, in un punto, una graziosa cascata” Varie sono le ipotesi sull’origine del nome del paese: probabilmente deriva dal suo fiume, il Carpino, o da quello dell’omonima pianta forestale, il Carpino, o può avere un’origine longobarda: in tal caso il relativo significato sarebbe quello di “ luogo dell’acqua fredda”. Come insediamento abitativo e, certamente, con un nome diverso, Carpinone ebbe probabilmente origini in epoca romana. Notizie certe ,stabiliscono che, sotto i longobardi, Carpinone fece parte della Contea di Isernia e, in epoca normanna e sveva, della Contea di Molise. Nel 1382 Carpinone fu concesso in feudo da Carlo III di Durazzo a Nicola d’Evoli, dalla casata d’Evoli il feudo passò ai Caldora. I Caldora, prima Giacomo e poi il figlio Antonio, ne furono proprietari fino al 1443 e vi lasciarono una imperitura traccia con il castello, di antica costruzione, anno 1000, che essi resero forte ed inespugnabile.Si erge su una roccia calcarea scoscesa e molto alta, in posizione strategicamente perfetta. Verso Isernia il castello apre la vista a uno splendido panorama naturale, mentre a nord si innalza su uno spaventoso strapiombo.

Capracotta si trova in provincia di Isernia nell’Alto Molise. Con i suoi 1.421 metri sul livello del mare è, dopo Rocca di Cambio, il comune più alto dell’Appennino.Il punto più alto del territorio comunale è la vetta di Monte Campo a 1746 m s.l.m. A valle dell’abitato, in direzione sud, si trovano le sorgenti del Verrino, affluente del fiume Trigno. Poco fuori del paese, sulla strada per Pescopennataro, è sito il “Giardino della Flora Appenninica”, orto botanico di alta quota che raccoglie notevoli specie floreali e arboree dell’Italia centro-meridionale. Capracotta è un’ importante località climatica e sciistica. Ha due importanti impianti: uno per lo sci alpino, in località Monte Capraro, con una seggiovia; l’altro per lo sci di fondo in località Prato Gentile: quest’ultimo impianto è stato sede dei Campionati Italiani Assoluti di sci di fondo nel 1997.

L’abbazia di Fossanova è sita nel comune di Priverno, 5 km a sud del centro urbano, in provincia di Latina. L’abitato sito tutt’intorno ha l’aspetto di vicus e prende il nome da una cloaca che nei primi tempi del piccolo borgo (ora frazione di Priverno) era chiamata Fossa Nova. L’abbazia, la cui costruzione durò dal 1163 al 1208, è un perfetto esempio del primo stile gotico italiano[1], anzi più precisamente di una visibile forma di transizione dal romanico al gotico; l’interno è spoglio o quasi di affreschi (ne rimangono, almeno fino al 1998, alcuni brandelli sulle pareti) secondo l’austero memento mori dei monaci cistercensi. Nell’ infermeria vi è la stanza ove visse, pregò e meditò san Tommaso d’Aquino negli ultimi giorni della sua vita e dove morì nel 1274; ancora oggi in chiesa se ne conserva la semplice tomba vuota (il corpo fu trasferito dai domenicani a Tolosa alla fine del XIV secolo) composta da una lastra di marmo o travertino rettangolare.