IDS 2010

Pescocostanzo (AQ) è uno dei borghi più belli d’Italia. Tra gli immensi e silenziosi pascoli che la Maiella e l’alta valle del Sangro sorvegliano, sorge l’abitato di Pescocostanzo. Il luogo è così ricco di tesori d’arte e bellezze naturali da apparire miracoloso, una specie di quaderno rinascimentale e barocco da sfogliare con cura, con la premura di prestare orecchio ai passi degli avi che ancora echeggiano sulle strade lastricate, sotto le finestre degli antichi palazzi. La visita al centro storico può iniziare dalla Chiesa di Gesù e Maria e dall’annesso Convento dei francescani, cui si arriva dalla stazione percorrendo un lungo viale costeggiato dai giardini pubblici. Fondata nel 1611, la chiesa presenta pregevoli altari barocchi in marmo, sui quali spicca il grandioso altare maggiore realizzato su disegno di Cosimo Fanzago (1626-30), autore anche del chiostro quadriportico del convento. Proseguendo sulla via Colecchi, si notano il fronte principale di Palazzo Sabatini (quello laterale dà sulla ripida gradinata di via Colle dei Corvi), ricco di portali, balconcini e decori in pietra, e la casa natale di Ottavio Colecchi, matematico e filosofo. Si arriva in breve allo slargo su cui si affaccia la Collegiata di Santa Maria del Colle (XIV-XV sec.) che conserva al suo interno magnifiche opere d’arte, a partire dal soffitto a cassettoni dorato e dipinto che copre tutta la navata centrale, realizzato da Carlo Sabatini intorno al 1680. L’interno si presenta a cinque navate suddivise da imponenti pilastri ed è frutto della ricostruzione seguita al terremoto del 1456. E’ ricco di marmi, altari intarsiati, soffitti lignei. Vicino si ammirano Palazzo Coccopalmeri (sec. XVII) con bel portale, balconi e finestre lavorate in pietra e, proseguendo frontalmente, sulla sinistra, Palazzo Colecchi dalla severa architettura cinquecentesca. Risalendo si entra in Piazza Municipio, una di quelle piazze italiane che sorprendono il visitatore per il meraviglioso effetto d’insieme. Vi si affaccia da un lato l’ex Monastero di Santa Scolastica, costruito nel 1624 su disegno di Cosimo Fanzago, con la facciata movimentata da sei scenografiche nicchie cieche in pietra (al posto delle finestre, essendo destinato a monache di clausura) e da una grande gronda sorretta da mensole a forma di drago. Qui, nel luogo del castello e della chiesa di Sant’Antonio, si è sviluppato il nucleo più antico del borgo, il “Peschio”. E da questa roccia, lo sguardo si apre agli altopiani, ai boschi e ai monti circostanti. Ridiscesi al “largo”, si incontrano il Palazzo del Governatore, recentemente restaurato, e il cinquecentesco Palazzo Comunale con la torre dell’orologio. La visita si conclude con Casa Rainaldi, ennesimo trionfo del barocco (portale, balconi e finestre) in questo splendido borgo.
Pesche, con il nome di S. Angelo d’Isernia, risale alla fine del V secolo, periodo in cui gli abitanti di Bagno d’Isernia, che vivevano ai piedi del Monte S.Marco, in seguito alle invasioni barbariche, si spostarono a mezza costa, in località Rava ai piedi di Le Peschie o Pescla o Pesclatura: zona delle pietre. Alla fine del VII secolo, con il consenso longobardo, la zona fu governata dai bulgari e alla fine del secolo VIII c’era già un villaggio intorno alla chiesa di S. Angelo con insediamento benedettino dipendente dal monastero di S. Vincenzo. Su tutto il territorio sorsero monasteri e chiese, una delle quali a monte della chiesa di S. Angelo in località Le Peschie, chiamata chiesa Santa Croce (attuale chiesa parrocchiale) con annesso monastero benedettino maschile. Il villaggio si sviluppò tra le due chiese risalendo il costone, là dove è ancora oggi. Nel 1092, Rodolfo di Molise, signore normanno di Bojano donò il villaggio e tutto il relativo territorio a Montecassino e rimase dominio benedettino fino al 1699 quando passò sotto la Diocesi di Isernia. Sotto la guida dei monaci benedettini S. Angelo d’Isernia in località Le Peschie visse un periodo prospero. E’ probabile che in tale epoca sia stato eretto il borghetto fortificato e a metà del XII secolo fosse abitato da Guglielmo di Pesclo.Nel 1456 Pesche fu raso al suolo da un violentissimo terremoto. Gli anni che seguirono furono dedicati alla lenta ricostruzione sia del villaggio che dellechiese e monasteri, compreso la chiesa della Madonna del SS Rosario, attuale chiesa parrocchiale ricostruita nel 1593. E’ probabile, quindi, che molte delle attuali costruzioni risalgono ad epoca successiva al terremoto. Durante tale periodo si successero numerosi feudatari con il titolo di baronio duchi. Con la Prima Guerra Mondiale anche Pesche diede il suo contributo di vite umane e ad esse nel 1920 fu eretto il Monumento in Piazza degli Eroi, il primo in Molise, uno dei primi in Italia ad opera del sindaco Petrecca Gennaro. Seguì al primo conflitto un altro flusso migratorio verso le Americhe. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Pesche fu postazione tedesca per la sua propizia posizione strategica: ottimo posto di avvistamento e impossibilità a subire bombardamenti. Dopo il secondo conflitto ci fu un ulteriore flusso migratorio che ridusse drasticamente il numero degli abitanti. Solo negli ultimi venti anni c’è stato invece un continuo flusso immigratorio.
Procida è Isola del Golfo di Napoli fra Capo Miseno (ad est) e Ischia. E più piccola di Ischia (ad ovest) e Capri (a sud-ovest). Ha una superficie di 4 km quadrati ed è collegata tramite una sottile lingua di terra che si congiunge con l’isolotto disabitato di Vivara. Procida è un noto centro peschereccio e balneare, con produzione vinicola e agrumeti. Secondo un leggenda, qui fu sepolta “Procida” una nutrice di Enea. Con l’avvento dei Greci seguì le stesse sorti dell’area mediterranea: fu conquistata dai Greci, dai Romani, e dovette subire le terribili invasioni e saccheggi dei Saraceni, dei corsari musulmani capitanati da Barabarossa. Per difendersi dalle costanti incursioni saracene, vennero costruite numerose torri di avvistalento, di cui rimangono molte testimonianze, e gli abitanti rivieraschi si spostarono in altura, in luoghi meno vulnerabili dove in seguito venne eretto in castello. Di origine vulcanica, Procida ha coste frastagliate e scoscese, con un mare limpido e splendente, le belle rocce costiere, le caratteristiche abitazioni rivierasche disegnano inquadrature paesaggistici di rara bellezza. Quì hanno soggiornato poeti e famosi scrittori: Elsa Morante ha scritto “La mia isola ha straducce solitarie chiuse tra muri antichi oltre i quali si stendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali”. Procida esprime tutto il sapore della natura mediterranea, la tradizione della pesca, l’amore profondo per le cose semplici come le stradine che si snodano tra piccoli ed improvvisi squarci panoramici sul mare, le piazzette e le ripide scale in un continuo saliscendi. Il centro dell’isola è Terra Murata, il colle più alto dell’isola, ai cui piede si estende Marina Corricella, l’incantevole porticciolo dei pescatori dai caratteristici colori dell’isola, e pittoreschi scorci. Il versante opposto di Procida, ospita il porto turistico di Marina Chiaiolella, il luogo più frequentato dell’isola. Numerose le chiese sparse nell’isola, quasi tutte barocche e in prevalenza settecentesche. Il Castello, sorge sul promontorio di Torre Murata. Fu costruito a picco sul mare da Innico d’Avalos d’Aragona per far fronte alle continue incursioni saracene. E’ a pianta rettangolare. Nel 1744, Procida passò ai di Borbone ed il castello venne adattato a residenza reale. Successivamente il castello venne adibito a collegio militare e più tardi re Ferdinando II di Borbone dispose che il Palazzo ospitasse le nuove carceri ecosì fu fino al 1988 quando il penitenziario venne definitivamente chiuso.